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Lavoro: dimissioni per fatti concludenti? La parola alla Cassazione

Sara Mascitti > News  > Lavoro: dimissioni per fatti concludenti? La parola alla Cassazione

Lavoro: dimissioni per fatti concludenti? La parola alla Cassazione

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E’ proprio di questi giorni la pronuncia della Corte di Cassazione che risolve la domanda. E’ quindi legittimo applicare una clausola del “regolamento aziendale” che prevede, a fronte di un’assenza ingiustificata protratta nel medio periodo, le dimissioni automatiche per “fatti concludenti”? La Cassazione ha negato questa possibilità, chiarendo che il rapporto di lavoro “può estinguersi esclusivamente per le cause a tal fine previste dalla legge e non è permesso alle parti introdurre altre cause di estinzione del rapporto, stante il carattere inderogabile della disciplina legislativa limitativa dei licenziamenti”. E’ dunque possibile, nel nostro ordinamento, che la cessazione del rapporto di lavoro avvenga in due modi: o per dimissioni espresse del lavoratore o per licenziamento intimato dal datore di lavoro. L’introduzione di una terza specie non prevista dalla legge, può essere prevista dalle parti, quindi di tipo negoziale, a patto che sia ammessa la prova contraria. Nel caso sottoposto alla Corte, il regolamento del personale approvato dall’azienda, stabiliva che viene considerato dimissionario il dipendente che “senza dare la prevista comunicazione, si assenti senza giustificato motivo dal lavoro per un periodo superiore a 10 giorni lavorativi consecutivi”. Si precisa che nel caso di specie è emerso che il dipendente licenziato avesse comunicato all’azienda la propria assenza provvedendo anche a trasmettere i certificati medici giustificativi. La decisione quindi attacca l’automaticità del meccanismo, senza che sia consentita la prova contraria “alle parti non è consentito di attribuire a determinati comportamenti del lavoratore il valore ed il significato negoziale di manifestazione implicita o per facta concludentia della volontà di dimettersi, senza possibilità di prova contraria. Si è osservato che in tali ipotesi, invero, non si tratterebbe più di dimissioni manifestate per facta concludentia – le quali presuppongono una volontà effettiva di dimettersi e la manifestazione di essa seppure in forma diversa dalla dichiarazione esplicita – ma della attribuzione convenzionale di un effetto giuridico tipizzato – la cessazione del rapporto – ad un determinato comportamento”. Vi è quindi una certa differenza tra una situazione di assenza ingiustificata e la manifestazione della volontà del lavoratore di dimettersi.

 AVVERTENZA: I contenuti di questa pagina si riferiscono a fattispecie generali e non possono in alcun modo sostituire il lavoro di un professionista qualificato. Per ottenere un parere legale in ordine alla questione giuridica che interessa è possibile richiedere una consulenza legale on-line oppure fissare un appuntamento  per un parere tecnico. Gli autori declinano ogni responsabilità per errori od omissioni, nonché per un utilizzo improprio o non aggiornato delle informazioni contenute nel sito.