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Storia di un Avvocato condannato per un post-it

Sara Mascitti > News  > Storia di un Avvocato condannato per un post-it

Storia di un Avvocato condannato per un post-it

Obbligo di regolarizzazione fiscale: stop di un anno all’avvocato che segna la cifra dell’acconto in nero versato dal cliente senza emissione di fattura. L’obbligo di emettere la fattura non è solo di carattere fiscale, ma è un vero e proprio obbligo deontologico. Il codice della “moralità” forense, infatti, impone all’avvocato di regolarizzare ogni pagamento o acconto ricevuto dal cliente. In suo difetto scatta la sanzione che può arrivare anche alla sospensione dall’esercizio della professione. E la Cassazione ha dimostrato di preferire la linea dura.   In una sentenza le Sezioni Unite hanno stabilito che va punito, con la sanzione della sospensione, l’avvocato che abbia omesso l’adempimento fiscale, anche se incastrato da un semplice post-it su cui è indicata la cifra dell’acconto di un pagamento da parte di un cliente. Nel caso all’esame l’avvocato era accusato anche di aver richiesto un compenso sproporzionato rispetto all’attività svolta, circostanza vietata sempre dal codice deontologico.   E’ stato inutile difendersi sostenendo che il post-it sulla scrivania era un semplice appunto su foglio volante, privo di efficacia probatoria: secondo i giudici anche un “memo” può essere liberamente valutato dal magistrato come fonte di prova dell’avvenuto pagamento di una somma di denaro in contanti da parte del cliente. Il nostro ordinamento, in tema di prove è fondato sul principio del libero convincimento del giudice, non esiste una rigida gerarchia di efficacia dei mezzi probatori, che ponga la prova per presunzioni in una posizione inferiore rispetto alle altre prove. Va ricordato, conclude la Corte a sezioni unite che in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, il potere di applicare la sanzione adeguata alla gravità e alla natura dell’offesa arrecata al prestigio dell’ordine professionale è riservato agli organi disciplinari; pertanto, la determinazione della sanzione inflitta all’incolpato dal Consiglio nazionale forense non è censurabile in sede di legittimità, salvo il caso di assenza di motivazione.

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