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La Cassazione cambia idea sul Mutuo e disincentiva il finanziamento

Sara Mascitti > News  > La Cassazione cambia idea sul Mutuo e disincentiva il finanziamento

La Cassazione cambia idea sul Mutuo e disincentiva il finanziamento

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La Corte di Cassazione, con la sentenza del 6 febbraio 2015 n. 2188, aggrava del 1.600 per cento il carico fiscale delle imposte sul mutuo. La sentenza non è passata inosservata agli esperti del settore, ma in realtà interessa moltissimi italiani.

La Corte stabilisce che l’imposta sostitutiva dello 0,25% sul capitale erogato non è applicabile al contratto di mutuo quando all’istituto mutuante (cioè alla banca) è concesso di recedere per un «giustificato motivo». Va tassato, invece, con l’imposizione ordinaria (cioè al 2% sull’importo garantito) e, quindi, con un carico fiscale maggiorato di oltre il 1.600 per cento. Questa clausola in realtà è presente, seppur con diverse modalità, in qualsiasi contratto di finanziamento. Quindi la diretta conseguenza è che, generalizzando, tutti i contratti di mutuo saranno tassabili al 2% invece dello 0,25! È evidentemente un ulteriore passo lungo il percorso per disincentivare la finanziabilità delle imprese (ulteriore rispetto ad un’altra sentenza, del 16 gennaio 2015 n. 695 nella quale sempre la Cassazione ha ritenuto dovute imposte che la stessa agenzia delle Entrate aveva affermato di non voler riscuotere (risoluzione n. 121/2011)!!!). La sentenza sorprende in quanto è un drastico cambiamento rispetto alla prassi attuale che prevede l’indifferenza rispetto all’imposta sostitutiva del contenuto nel contratto di clausole di recesso c.d. «non meramente potestative». In realtà la motivazione non è ben espressa nel provvedimento e il dibattito è appena iniziato. Il punto focale è la clausola di recesso: esercitabile a discrezione, è la clausola con la quale una delle parti contraenti un mutuo può in qualsiasi momento far cessare il contratto (se il recesso è esercitato dalla banca, questa può chiedere al cliente l’immediato rientro del finanziamento, mentre se il recesso è esercitato dal soggetto finanziato, egli può in ogni momento restituire il capitale mutuato e gli interessi dovuti). Nel caso di contratto contenente questo tipo di clausola di recesso, la giurisprudenza (Cassazione n. 4792/2002) e la prassi (risoluzione n. 3/2001/T) sono consolidate nel senso di ritenere il finanziamento a medio-lungo termine meritevole dell’imposta sostitutiva se si tratta di un recesso consentito al mutuatarioAl contrario l’imposta sostitutiva non si renderebbe applicabile se il recesso ad nutum sia consentito alla banca mutuante, in quanto tale facoltà di recesso toglierebbe al contratto di finanziamento la possibilità di essere considerato a medio-lungo termine (vale a dire di durata superiore a 18 mesi), che è la caratteristica basilare per l’applicabilità al mutuo. Invece, nel caso di contratto di mutuo contenente una clausola di recesso per giustificato motivo (quindi accompagnato appunto da una motivazione), la prassi consolidata riteneva applicabile l’imposta sostitutiva pari al 0,25%; in tal senso, ci sono almeno tre atti univoci e mai smentiti nel tempo: le risoluzione n. 68/1998/T e 1/2003/T, la circolare n. 8/2002. Spesso, tra l’altro, la clausola di recesso per giustificato motivo riproduce meramente l’articolo 1186 del codice civile, consentendo al creditore (la banca) di «chiamare al rientro» il debitore qualora divenga insolvente o non presti le garanzie promesse o diminuisca, per fatto proprio, le garanzie che aveva dato. E proprio il fatto che sia la legge stessa a concedere al creditore la possibilità di recedere da un contratto di finanziamento, nei casi previsti dall’articolo 1186 del codice civile, era l’argomento principale che fino a questa sentenza ha supportato l’applicabilità dell’imposta sostitutiva al mutuo contenente una clausola di recesso non meramente discrezionale. Cosa succederà ora ? C’è solo da sperare che in Cassazione abbia fatto confusione tra le clausole di recesso ad nutum e quelle non meramente discrezionali. Diversamente, si tratterebbe di un altro episodio, nel quale la Corte impone al creditore (il Fisco) di incassare crediti che lo stesso ritiene di non avere.  Con buona pace di chi vorrebbe prevedere i costi fiscali delle operazioni economiche per pianificare correttamente i propri investimenti.

AVVERTENZA: I contenuti di questa pagina si riferiscono a fattispecie generali e non possono in alcun modo sostituire il lavoro di un professionista qualificato. Per ottenere un parere legale in ordine alla questione giuridica che interessa è possibile richiedere una consulenza legale on-line oppure fissare un appuntamento  per un parere tecnico. Gli autori declinano ogni responsabilità per errori od omissioni, nonché per un utilizzo improprio o non aggiornato delle informazioni contenute nel sito.